venerdì 22 novembre 2013

Rossini sacro con il Coro del Maggio

In programma, sabato 23 novembre alle ore 20.30 all’Auditorium di Santo Stefano al Ponte, penultimo appuntamento con il Coro del Maggio prima del Concerto di Natale del 19 dicembre 2013, lo Stabat Mater di Gioachino Rossini, nella versione per soli, coro e pianoforte a quattro mani di Carl Czerny. Diretti da Lorenzo Fratini canteranno come solisti il soprano Eloisa Deriu, il mezzosoprano Barbara Zingerle, il tenore Leonardo Sgroi e il basso Nicolò Ayroldi, al pianoforte Andrea Severi e Paolo Gonnelli.
“Esistono dei capolavori, nella storia della musica, la cui nascita è dovuta a circostanze del tutto fortuite. Se noi oggi possiamo ascoltare lo Stabat Mater di Gioachino Rossini lo dobbiamo ad una serie di avvenimenti casuali ed indipendenti dalla volontà del compositore. Le vicende che portarono alla prima esecuzione del lavoro sono note: nell’inverno 1831 Rossini, ormai ritiratosi dalla carriera teatrale, si recò in Spagna, in compagnia del suo amico marchese Alejandro María Aguado. Insieme agli onori, come sempre accadeva, gli toccarono anche gli oneri: tra questi la richiesta da parte dell’arcidiacono di Madrid, Don Manuel Fernandez Varela, di uno Stabat Mater. L’insistenza del prelato venne premiata con l’impegno da parte di Rossini a consegnare entro breve tempo la partitura, a patto che essa venisse conservata per sempre negli archivi spagnoli, senza mai essere pubblicata.
Tornato a Parigi, Rossini realizzò nell’arco di un anno appena sei numeri: l’introduzione Stabat Mater, il coro a cappella con l’intervento in recitativo del basso Eja, Mater, il quartetto Sancta Mater, la cavatina del mezzosoprano Fac ut portem, l’aria del soprano con coro Inflammatus e il quartetto Quando corpus. Malanni fisici e problemi psicologici bloccarono la composizione a questo punto, mentre da Madrid Varela reclamava il rispetto dell’impegno: Rossini incaricò allora il suo amico bolognese Giovanni Tadolini di completare il lavoro con altri sei numeri. Cosa che egli fece, permettendo l’invio dello Stabat Mater a Varela nel marzo 1832, ad un anno esatto dal viaggio a Madrid. In questa versione realizzata ‘a quattro mani’, la composizione venne eseguita in occasione della Pasqua 1833 nella Cappella di San Felipe El Real. Fedele a quanto promesso, Varela archiviò il manoscritto nella sua biblioteca e lì rimase fino al 1837 quando, morto l’alto prelato, gli eredi lo misero in vendita. Entrato in possesso del lavoro e credendolo interamente rossiniano, l’editore Antonin Aulagnier fiutò l’affare: si affrettò quindi a prendere contatti con il compositore per la pubblicazione. Rossini, messo in guardia su ciò che stava accadendo dal suo editore francese Troupenas e spaventato dall’idea che qualcuno potesse attribuire a lui i numeri musicali in realtà composti da Tadolini, parò il colpo firmando immediatamente un contratto con Troupenas stesso per la pubblicazione dello Stabat Mater in versione completa e revisionata. Aulagnier, nel frattempo, forzando i tempi, aveva già iniziato a stampare la partitura, limitandosi ai sei brani di Rossini: trascinato in tribunale, perse la causa, tra grandi clamori della stampa. I sei pezzi del Tadolini erano stati sostituiti da quattro nuovi numeri: l’aria del tenore Cujus animam, il duetto soprano-mezzosoprano Quis est homo, l’aria del basso Pro peccatis e il grandioso fugato finale Amen. Alla prima esecuzione pubblica - il 7 gennaio 1842, alla Salle Ventadour di Parigi -, lo Stabat Mater, cantato da Giulia Grisi, Emma Albertazzi, Giuseppe Mario, Antonio Tamburini e sotto la bacchetta di Giovanni Tadolini, fu applaudito freneticamente dai parigini. Fiumi d’inchiostro sono stati versati fin dalle prime esecuzioni dello Stabat Mater sulla natura di questa partitura, modellata – è vero - su forme derivate dal melodramma, ma permeata di una profonda religiosità che dagli stilemi teatrali attinge la forza necessaria per elevarsi al rango di capolavoro e rappresentare, con una straordinaria varietà di contrasti ignota alla maggior parte della musica sacra coeva, lo smarrimento dell’animo umano di fronte al mistero della morte ed il suo approdo, attraverso la fede, alla gloria del Paradiso”.

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